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104. Mercati in Rosso: Il Crollo dell'Occupazione USA e le Scosse alla Fed
August 4, 2025
In questo episodio di Onda Finanziaria, analizziamo la rottura dell'equilibrio apparente nei mercati finanziari a fine luglio 2025, con cali significativi in Europa e Wall Street. Focus sul deludente report Nonfarm Payrolls USA, revisioni al ribasso shock, dimissioni nel FOMC e licenziamento al BLS, e le implicazioni per i tassi Fed sotto l'amministrazione Trump.
Bentornati a Onda Finanziaria, il podcast di eToro che cavalca le onde dei mercati globali. In questo episodio settimanale, tuffiamoci nell'analisi della chiusura di luglio 2025, una settimana che ha frantumato illusioni e riportato la realtà al centro della scena finanziaria.

L’ultima settimana di luglio ha sancito la rottura di un equilibrio solo apparente. Le principali piazze finanziarie hanno chiuso in territorio negativo, con l’Europa in prima linea: lo Stoxx 600 ha ceduto il 2,57%, mentre lo Stoxx 50 ha archiviato la terza settimana consecutiva in rosso. Non è andata meglio a Wall Street, che ha vissuto la peggior performance settimanale da maggio, con lo S&P 500 in calo del 2,36%. A trattenere parzialmente la caduta ci hanno pensato le big cap: il paniere equiponderato, rappresentato dall’ETF RSP, ha infatti perso il 3,29%, segnalando una debolezza diffusa sotto la superficie.

Eppure, a conferma della dicotomia che continua a permeare i mercati, lo S&P 500 ha toccato lunedì il suo quindicesimo massimo storico dell’anno, sospinto dall’ottimismo di breve sugli accordi nei negoziati commerciali tra Stati Uniti ed Europa. Un impulso di fiducia fragile, evaporato in meno di 24 ore. Già da martedì, infatti, sono iniziate le vendite, proseguite ininterrottamente per il resto della settimana. E venerdì è arrivata la svolta: la seduta ha messo fine a una striscia di 26 giornate consecutive senza variazioni superiori all’1%, rompendo la calma apparente con un ribasso deciso che ha riportato la volatilità in prima linea. Una settimana iniziata all’insegna delle diplomazie e finita con i mercati obbligati a confrontarsi con ciò che avevano preferito ignorare: tassi, inflazione appiccicosa, dati macro in deterioramento e nuove crepe nella fiducia.

Il report sui Nonfarm Payrolls di luglio ha mostrato solo +73.000 nuovi posti di lavoro, contro attese di oltre +110.000. Ma a pesare sono state soprattutto le drastiche revisioni al ribasso: maggio da +144.000 a +19.000, giugno da +147.000 a +14.000. Un crollo statistico che segna un netto contrasto con l’inizio dell’anno, reso ancor più evidente dalla violenta dinamica delle revisioni: a maggio, il dato iniziale di +139.000 è stato rivisto a soli +19.000. Questo vuol dire che oltre il 90% dell’occupazione inizialmente stimata… non esisteva. A giugno, la revisione è stata ancora più brutale: da +147.000 a +14.000 nella seconda lettura, una correzione di –133.000 posti in un colpo solo. E luglio parte già male: +73.000 nuovi posti a fronte di una perdita netta di oltre 1 milione nella componente non destagionalizzata, segno di una forte debolezza di fondo.

Un mercato del lavoro che non rallenta gradualmente, ma si piega di colpo, e che, tra dazi e stretta monetaria, inizia a mostrare crepe profonde dietro la facciata delle cifre headline. Nel giro di poche ore, sono poi arrivate due scosse senza precedenti: le dimissioni del membro FOMC Adriana Kugler, e il licenziamento della direttrice dell’Ufficio Statistico sul Lavoro, Erika McEntarfer, ritenuta dalla Casa Bianca responsabile di aver pubblicato dati “dannosi per l’immagine del presidente”. Paradossalmente, proprio quei numeri, deboli, rivisti al ribasso e con chiari segnali di frenata, costituivano l’unico appiglio solido per giustificare un taglio dei tassi da parte della Fed. E il mercato ha reagito in modo inequivocabile: secondo il CME FedWatch, la probabilità di un taglio di 25 punti base nel meeting di settembre è balzata dal 37,66% di giovedì all’80,31% di venerdì.

Nel frattempo, Trump ha annunciato che nei prossimi giorni nominerà sia un nuovo governatore della Fed sia un nuovo responsabile per le statistiche sul lavoro. Due figure decisive, che potrebbero ridisegnare l’intero orientamento della politica economica statunitense, proprio mentre cresce il timore di un ritorno alla politicizzazione della banca centrale e della gestione dei dati macroeconomici.

Riferimenti menzionati nell'episodio:

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